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Chiesa SANTA MARIA IN COSMEDIN Roma
Celebre meta di frotte di turisti in fila davanti alla spaventevole Bocca della Verità – il grande disco in marmo che secondo la leggenda mozza la mano al bugiardo intemerato che la introduce nelle sue fauci, in realtà mascherone-chiusino d’epoca romana raffigurante una divinità fluviale –, questa bellissima chiesa poggia le sue fondamenta sull’antichissima Ara Maxima Herculis, luogo di culto del dio greco a Roma in relazione con la zona portuale dedita ai commerci fin dai tempi più remoti. La cripta della chiesa è infatti interamente scavata in un gigantesco blocco di tufo identificato con l’ara, mentre, proprio accanto alla chiesa stessa si trovava, fino alla fine del XV secolo, un tempio di Ercole che confermerebbe tale identificazione. Sul finire del IV secolo d. C. un altro edificio posto accanto all’ara divenne sede della Statio Annonae, l’istituzione che si occupava di distribuire gratuitamente ai cittadini romani le granaglie; funzione che fu acquisita dalla chiesa romana alla fine del VI secolo per cui il complesso fu trasformato in diaconia prendendo il nome di S. Maria in Schola Graeca dal momento in cui vi si stabilirono nel 782 dei monaci bizantini in fuga dalle persecuzioni iconoclaste. Nota anche come Kosmidion, per lo splendore delle sue decorazioni, fu restaurata una prima volta da papa Niccolò I che vi aggiunse la sagrestia, un oratorio e la residenza diaconale, poi da Gelasio II Caetani dopo le invasioni di Roberto il Guiscardo (Sacco Normanno 1082-1084), ed infine tra il 1118 e il 1124 da Callisto II che chiuse il matroneo e ricostruì il portico con il protiro nel mezzo. Caduta poi in decadenza, nel 1715-19 Giuseppe Sardi intervenne dandole una veste rococò che fu però completamente eliminata nel 1894-99 da G.B. Giovenale il quale la riportò alle originarie forme romaniche, quelle di Callisto II. Precede la facciata il portico ad arcate su pilastri – l’unico medievale di questa forma a Roma – sovrastato da finestre e con al centro un protiro; svetta sulla destra il magnifico campanile romanico a sette piani di bifore e trifore, uno dei più belli della città, che sembra voler sfuggire al soffocante ingombro dei volumi dell’ex pastificio Pantanella (sede ora degli uffici comunali) incombenti alle spalle della chiesa.
Le tre navate all’interno sono suddivise da quattro pilastri e diciotto colonne di spoglio con capitelli in parte antichi e in parte medievali; nei muri perimetrali della chiesa, verso la controfacciata e nella sagrestia, sono visibili le colonne scanalate superstiti dell’aula della Statio Annonae di età flavia con i capitelli originali: questo edificio aveva un orientamento trasversale rispetto alla chiesa attuale. Alla chiesa dell’VIII secolo risale il restaurato matroneo, come frammenti di affreschi risalenti allo stesso secolo e al XII si trovano nella parte superiore della navata centrale e sull’arco trionfale; il pavimento cosmatesco e il soffitto ligneo sono dovuti al restauro ottocentesco. La schola cantorum – con amboni ed iconostasi al centro della navata – ha il pavimento cosmatesco originale; da essa si accede alla cripta, anch’essa a sei navate, spartite da sei colonne dell’VIII secolo, con un mosaico di uguale epoca. Della fine del XIII secolo (1294) è il baldacchino gotico firmato da Deodato di Cosma il Giovane: il sottostante altare maggiore è formato da un antico frammento di granito rosso collocato qui nel 1123. Raggiungendo la sagrestia dalla navata destra si può vedere un prezioso frammento superstite dell’antica basilica di San Pietro raffigurante l’Adorazione dei Magi: faceva parte di una serie di mosaici che decoravano l’Oratorio di Giovanni VII (705-707) papa greco raffinato ed erudito, distrutti nei primi anni del Seicento. Altri resti si trovano dispersi tra le Grotte Vaticane, a Orte, agli Uffizi di Firenze e persino nel museo Pushkin di Mosca. Nella cappella del coro invernale, del 1686, si conserva sull’altare l’immagine della Madonna Theotokos (Madre di Dio), di scuola romana trecentesca. La cappella del Crocifisso disegnata da Giovenale mostra un bel tabernacolo di marmi policromi del 1727; anche il Battistero è settecentesco. Tornando sulla piazza della Bocca della Verità antistante la chiesa è interessante ricordare che questa zona, popolata nel Medioevo da una numerosa comunità greca per cui prese il nome di Ripa Greca, fu per un certo periodo di tempo abbandonata e punteggiata solo di fienili il cui ricordo è rimasto ancora nel nome di alcune strade vicine: via dei Fienili, via dei Foraggi. Papa Clemente XI nel 1715 fece risistemare l’intera zona completandola con la fontana dei Tritoni ricordata nell’introduzione. Negli anni Venti e Trenta del Novecento scomparvero definitivamente sia le ultime tracce di vita rurale che quelle attrezzature industriali e di servizio che al tempo di Pio IX si erano insediate nell’area: la centrale del gas che fino al 1935 occupava la valle del Circo Massimo e la già menzionata Pantanella.Alberghi vicino Fiera di Roma - Alberghi e Hotel vicino Stazione Termini di Roma
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