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Beata Lucia da Settefonti
A Ozzano dell'Emilia, sulle
verdi colline a pochi chilometri da Bologna, si erge la Chiesa di Sant'Andrea
risalente all'XI secolo. Qui riposano le reliquie della Beata Lucia da
Settefonti la cui storia rappresenta un patrimonio culturale e spirituale di
grande valore che oggi si sta cercando di recuperare ricostruendo l'antico
pellegrinaggio che per secoli, fino alla Seconda Guerra mondiale, fedeli da ogni
dove organizzavano in omaggio alla Beata Lucia.
Il cammino si svolge lungo i sentieri del Passo e dei Calanchi dell'Abbadessa,
che prendono il nome proprio dalla Badessa Lucia vissuta nel XII secolo e
beatificata nel 1508.
Questa la sua storia: attorno al 1100 Bologna vive una vita cittadina
continuamente turbata dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini. In questo clima
politico, nell'antica famiglia Chiari, viene alla luce una bambina, alla quale
la madre impartì un'educazione religiosa che con gli anni, divenuta una
splendida ragazza, maturò il desiderio di dedicare la vita alla preghiera,
scegliendo di vivere nel monastero di Stifonti, fondato nel 1097, divenuto in
seguito monastero Camaldolese proprio grazie alla futura Badessa Lucia. La
giovane prese i voti nella chiesa bolognese di Santo Stefano, scegliendo appunto
il nome di Lucia. Divenne badessa alla morte di Matilde fondatrice del convento.
La fama della bellezza di questa ragazza aveva raggiunto il circondario già
prima che prendesse i voti e la voce giunse anche alle tante guarnigioni che
presidiavano il territorio di Uggiano (Ozzano). Tra i militi vi era un soldato
di ventura, il nobile bolognese conte e cavalier Diotagora Fava; egli, che con
molta probabilità aveva incontrato la fanciulla prima ancora che prendesse i
voti, si era in seguito fatto trasferire proprio nella guarnigione di San Pietro
(oggi San Pietro di Ozzano) per poter rivedere Lucia. Il bel cavaliere
percorreva a cavallo ogni mattina il sentiero sui calanchi, per recarsi alla
chiesa del convento. Lucia si era accorta di questa costante presenza e presto
si trovò a combattere il turbamento con assidue preghiere, veglie e penitenze
che minarono presto la sua salute. Cadde ammalata, ma lui non cessò le sue
visite mattutine. Una volta guarita, cercò di privarsi anche dell’ascolto della
Messa per celarsi agli sguardi del cavaliere, ma un giorno sembra che con la
complicità di una suora decise di parlargli. Gli disse che il suo sentimento per
l’amore divino era più forte di ogni altro sentimento terreno e quindi era
risoluta nella sua dedizione alla vita monastica; lo invitò a non tornare più,
ma si lasciarono con la promessa del cavaliere di partire crociato per la
Terrasanta.
Questo fatto fu raccontato per la prima volta dal cavaliere stesso e l’eco del
miracolo si estese in terre ben lontane da Ozzano. Il culto giunse fino a
Venezia, poi Vienna e ancora in Germania. Solo nel 1508 la Chiesa riconobbe
ufficialmente il fatto accaduto tre secoli prima e proclamò Lucia beata. Le
reliquie della Santa rimasero nella chiesa già denominata comunemente S. Lucia
in località Settefonti, fino al 7 novembre del 1573 quando il Cardinale Paleotti
le traslò nella chiesa di S.Andrea di Ozzano. Pio VI nel 1754 confermò il culto
della Beata e ne fissò la memoria al 7 novembre. I Camaldolesi la venerano come
fondatrice del ramo femminile dell'ordine.
Lungo il pellegrinaggio, di enorme valore spirituale, ma ribadiamo anche di
indubbia bellezza paesaggistica, è possibile sostare lungo il Passo della
Badessa dove sorgeva il primo monastero, successivamente presso il Pilastrino
eretto dalla famiglia Fava a memoria del miracolo, si raggiungono quindi i
ruderi della Chiesa di Santa Lucia per finire alla Chiesa di Sant'Andrea dove
riposano le reliquie sull'altare a lei dedicato.
Molte le strutture ricettive in zona: bed&breakfast, agriturismi, ristoranti, in
una valle tutta da scoprire. E' possibile trovare informazioni, foto,
organizzare percorsi e leggere documenti tratti dall'antico Archivio Storico di
Camaldoli visitando il sito internet www.badessalucia.tbo.it oppure rivolgendosi
all'Associazione Parco Museale della Val di Zena.
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