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CHIESA DI SANTA MARIA IN VIA LATA (ROMA)

 

La facciata di questa importante chiesa è un capolavoro di innovazione ed eleganza.

 

Pietro da Cortona vi sviluppa il tema della loggia: due ordini di colonne corinzie trabeate sono inquadrati in una parete scandita da lesene. Le quattro colonne dell’ordine inferiore fanno da schermo separando dalla strada il vestibolo a pianta ovale concluso ai lati da due absidi schiacciate. Nell’ordine superiore si ripete identicamente la disposizione delle colonne che aggiungono però la funzione di slancio verticale determinato dall’inserimento nel frontone triangolare di un arco a tutto sesto che interrompe la trabeazione.

Ed ecco apparire il motivo chiave, il così detto “arco siriaco”, derivazione diretta dall’architettura imperiale ellenistica e tardo-romana.

La necessità da parte dell’artista di realizzare nel contesto ambientale-urbanistico (lo stretto rettifilo del Corso che di fatto impedisce una visione frontale della facciata) un prospetto adatto allo scorcio, ha fatto sì che fosse progettata dal cortonese una soluzione innovativa e allo stesso tempo classica. Se si percorre la strada si noterà infatti che gli elementi che compongono la facciata, niente affatto piana come potrebbe apparire in un primo momento, emergono gradualmente dall’ombra: le colonne risaltando sul fondo scuro – soprattutto della loggia a serliana del piano superiore – giocano sulla profondità determinata dai forti rapporti chiaroscurali.

La trasformazione dell’antica diaconia fondata durante il papato di Sergio I (687-701) in chiesa nel 1049 da papa Leone IX, poi demolita e ricostruita completamente nel 1491-1506 da Innocenzo VIII, si volse in incarico da parte del canonico Atanasio Ridolfi nel 1658 per Pietro da Cortona nell’ambito di un profondo rinnovamento dell’area circostante. Con l’elezione al soglio pontificio di Fabio Chigi – Alessandro VII – fu avviato un importante progetto urbanistico e viario. Il papa alla ricerca di possibili residenze per i suoi familiari concentrò l’attenzione sulla porzione meridionale del Corso, l’antica via Lata. Furono acquistati i palazzi circostanti la chiesa che divenne pertanto parte di un complesso  unico, una specie di insula Chigi che rappresentava il potere della famiglia papale.

Ecco che il “motivo” dell’arco siriaco, (l’antico fastigium, simbolo dell’autorità imperiale –papale), delimitante l’inserimento della grande loggia a serliana della chiesa acquista un senso politico: il progetto del secondo ordine della facciata di Santa Maria in via Lata, approvato da Alessandro VII nel 1662 - che ne diviene così il principale committente - fa esplicito riferimento all’idea di reggia papale-imperiale posta in posizione di dominio della via sottostante e dell’intera area. 

Durante i lavori di scavo per le fondamenta della facciata della chiesa, nel 1658, furono rinvenuti dei locali sotterranei: il luogo dove si trovava la cappella originaria, a sua volta posta sui resti della casa romana dove secondo la tradizione l’apostolo Paolo aveva soggiornato.

Pietro da Cortona provvide all’accurato restauro di questa chiesa sotterranea, e la sua attenzione e cura si svolse nel generale grande interesse che gli antichi luoghi sacri suscitavano negli ambienti religiosi e colti dell’epoca.

Da una porta a sinistra dell’atrio si accede alla chiesa inferiore composta di sei vani coperti a botte disposti su due file parallele e orientati trasversalmente alla chiesa superiore; cinque di essi furono, tra il 1658 e il 1661, recuperati e resi accessibili dopo il restauro e la loro decorazione da parte del maestro che dovette affrontare molti problemi nel loro adattamento.

Le antiche volte romane dovevano essere rispettate, pertanto non era possibile creare un collegamento con il pavimento della chiesa superiore. Si trattava inoltre questa volta non della memoria di un martire (come era accaduto per la chiesa dei Ss. Luca e Martina) ma della casa di San Paolo, dove gli apostoli si erano riuniti in preghiera in un oratorio domestico. L’architetto quindi suggerisce l’ideale connessione tra i due livelli mediante il raccordo rappresentato dal vestibolo della chiesa superiore (dove il maestro pone la tomba dell’antico promotore della ricostruzione della chiesa, Atanasio Ridolfi) e dalle due scale che da esso si dipartono, verso i locali sotterranei, dai lati brevi del portico.

Il cortonese inoltre crea – modificando il significato di ogni ambiente – un vero e proprio percorso sotterraneo che giunge al vano centrale, la cappella, l’unico luogo ricco di marmi policromi, mentre la presenza di materiali decorativi più poveri sottolinea la gradualità del percorso.

Quest’opera considerata “minore” viene invece trattata dal maestro con la consueta sensibilità e attenzione che lo ispirano nella realizzazione di quelle “maggiori”.

Basti pensare alla sua cura nel conservare le antiche volte, o al restauro degli affreschi del VII-IX secolo; addirittura ne reinventa uno dell’VIII secolo e disegna le grate delle porte e delle finestre e gli stucchi della volta.

Cosimo Fancelli, abituale collaboratore del maestro, pone sull’altare maggiore della cappella sotterranea, la pala marmorea con i santi Paolo, Pietro, Marziale e Luca raffigurati in una sacra conversazione.

L’interno della chiesa superiore è a tre navate suddivise da colonne di diaspro di Sicilia; ricca è la decorazione a stucchi dorati. Sull’altare maggiore la decorazione marmorea è attribuita a Bernini; la Madonna avvocata, di scuola romana della seconda metà del XIII secolo è firmata da Petrus pictor.

Nella cappella di S. Ciriaco, in fondo alla navata sinistra, sono i monumenti funebri della famiglia Bonaparte, la cui matriarca Letizia Ramorino, dopo la caduta di Napoleone visse nel vicino palazzo d’Aste, su piazza Venezia, fino alla morte avvenuta nel 1836. Pernottamento economico Roma - Hotel con vista Roma